Il Castello Visconteo di Pavia, la sede dei musei civici della città
Il Castello Visconteo di Pavia è costruito nel 1360 su ordine di Galeazzo II Visconti, che vi trasferì la sua corte.
Successivamente l’ edificio è sede di corte sia sotto Gian Galeazzo che, fino al 1413, del figlio Filippo Maria.
I Visconti vogliono anche disegnare un grandioso parco di caccia (il Parco Visconteo). Si estende originariamente per una decina di chilometri, fino alla Certosa di Pavia.
Oggi parte del territorio del parco è ancora presente, ma non più collegato al castello, e chiamato Parco della Vernavola.
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Descrizione
Come molti altri castelli viscontei, quello di Pavia ha un impianto quadrato (di 150 metri per lato).
Ha torri d’ angolo quadrate e suddivisione dei corpi di fabbrica in campate quadrate.
Purtroppo, come dicevamo, la parte settentrionale del castello è distrutta dalle artiglierie francesi durante l’ assedio del 1527.
Al suo posto ora si ha un tratto della cinta muraria bastionata fatta realizzare dagli spagnoli a metà Cinquecento.
Il Castello Visconteo di Pavia è difeso da un profondo fossato, un tempo allagato. Si conservano tre degli originari accessi, originariamente dotati di rivellini provvisti di ponti levatoi.
In particolare, quello rivolto verso la città presenta nel portalino una lastra raffigurante l’ Annunciazione.
Esternamente l’ edificio è contraddistinto da grande uniformità, influenzata dall’ architettura militare.
Le tre facciate superstiti sono caratterizzate dal profondo basamento a scarpa, supra il quale si trova una compatta cortina muraria in mattoni, coronata da merli sorretti da beccatelli in granito.
I prospetti sono ingentiliti, come in una dimora, da eleganti bifore a sesto acuto decorate con ghiere a raggiera.
Internamente il castello è dotato di un grande portico con archi a sesto acuto.
E’ aperto sulla corte quadrata, sorretto da possenti colonne in pietra di Angera e di Ornavasso al piano terreno con capitelli “a gancio” opera di maestri campionesi.
Nel porticato sono ampiamente presenti le tracce della prima decorazione a compassi e a cielo stellato nelle volte.
E’ ordinata da Galeazzo II per tutto il castello nel 1366 e con la chiamata, tramite la corte dei Gonzaga, di tutti i pittori disponibili a Mantova.
La pittura geometrica deve lasciare però campo, nelle pareti, anche a scene figurate.
Probabilmente appartenevano a un ciclo narrativo dedicato alle imprese guerresche di Galeazzo II i resti di affreschi, raffiguranti la Veduta di Pavia (ala sud, terza campata) e Cavalieri (ala ovest, sesta e ottava campata) risalenti al settimo decennio del Trecento e recentemente attribuiti a Giusto de’ Menabuoi.
Alcune porte aperte sul porticato conservano ancora l’ iscrizione in caratteri gotici che individuava l ‘ ingresso a camere in uso di uffici, tra le quali quella destinata alla ragioneria della duchessa Caterina.
I portici servivano anche al riparo di armi, come la grande bombarda detta “Galeazesca” menzionata nel 1476.
Al primo piano si apre un loggiato formato, sul lato meridionale, da grandi quadrifore con archi trilobi e rosoni traforati con disegni stellari o geometrici.
Nel lato est le quadrifore sono fatte sostituire da Gian Galeazzo con monofore polilobate; in quello ovest, con bifore nella prima metà del XV secolo.
Il loggiato permetteva la fruibilità degli ambiente anche durante la cattiva stagione.
Le sale interne del Castello Visconteo di Pavia
Molte sale conservano tracce di decorazioni ad affresco “a compassi”.
Sono spesso arricchite da stemmi e imprese visconteee.
Sono frutto delle campagne decorative promosse sia da Galeazzo II sia da Gian Galeazzo e, a partire del 1469, dagli interventi sostenuti da Galeazzo Maria.
Non sono gli unici affreschi conservati nel castello.
Al pianterreno della torre di sud- ovest (Sala II del museo archeologico) si trova la “sala azzurra”, frutto degli interventi pittorici del 1469, particolarmente sontuosa per la preziosità delle tecniche e dei materiali impiegati.
La decorazione è formata da riquadri con cornici rilevate a pastiglia e dorate, che suddividono le pareti, sempre in rilievo e ricoperti di lamine dorate sono i motivi araldici (gigli di Francia e emblemi sforzeschi) e le stelle, su sfondi alternativamente blu e verdi.
Al piano terra, subito a destra dell’ ingresso meridionale, vi è la cappella, a pianta rettangolare e dotata di volte a crociera.
Sul portale della cappella si trova una sinopia raffigurante la Pietà, opera di Michelino da Besozzo.
Internamente si trovano affreschi, come la Geometria o Il Cristo benedicente, del bolognese Andrea de’ Bartoli.
Sempre nella cappella, i due Santi Stefano e Leonardo, dipinti entro i riquadri, uno di fronte all’ altro, sui piedritti dell’ arcata che divide in due campate l’ ambiente, sono eseguiti in un momento successivo, comunque nell’ ultimo quarto del Trecento, e sono opera di un maestro lombardo.
Sempre al piano terra si trova la “sala delle colombine” (sala XII del museo archeologico).
Su un fondo rossiccio e sopra una zoccolatura a fasce zigzaganti, si alternano l’ impresa viscontea della colombina con motto “à bon droit”, adottata da Gian Galeazzo e quella della montagna con le tre pigne e il motto “mit Zeit”, anche questi affreschi, come quelli della “sala azzurra”, risalgono agli interventi del 1469.
Al primo piano (il piano nobile, dove si trovavano gli appartamenti ducali, la biblioteca, nella torre all’angolo sud- ovest, e la cancelleria, torre di sud- est, di cui si conserva ancora l’ iscrizione sulla porta) nella prima sala della Pinacoteca Malaspina, si trova la “sala delle damigelle”.
Qui negli sguinci della finestra nella terza campata, si conservano due affreschi, raffiguranti dame a grandezza naturale davanti a una siepe di rose risalenti agli interventi pittorici promossi da Gian Galeazzo nel 1393 e recentemente attribuiti a Gentile da Fabriano, che proprio in quegli anni operò a Pavia.
La stessa sala conserva anche resti della decorazione precedente (risalente ai tempi di Galeazzo II) ” a compassi”, e (nel sottarco della finestra) dell’ impresa con la signa, in caratteri gotici “G Z” del signore.
Del tutto diversa è la decorazione della prima e seconda campata della Pinacoteca Malaspina, che negli ultimi decenni del XVI secolo furono adibite ad abitazione del castellano Rodrigo de Toledo.
Le due stanze, in origine separate da una tramezza conservano affreschi di stile manierista risalenti all’ottavo decennio del Cinquecento e raffigurano
Le fatiche di Ercole e l’ Allegoria dei quattro elementi della natura, mentre al centro di una delle volte campeggia lo stemma di Rodrigo de Toledo.
Sempre al primo piano, nel muro di tamponamento realizzato dopo la distruzione del lato nord del castello nel 1527 che chiude il lato occidentale del loggiato sono dipinti gli stemmi di Filippo II di Spagna, con l’ordine del Toson d’Oro e di Fernando Consalvo di Cordova, governatore di Milano dal 1558 al 1560.
La decorazione può essere eseguita in occasione del secondo soggiorno di Filippo II a Pavia nel 1551.